Valutare è un atto di consapevolezza

Quando nasciamo

siamo soggetti a valutazioni; la prima forse è “bravo” se dormi tranquillo e non svegli mamma e papà oppure “monello” se non fai quello che la stessa mamma e papà desiderano da te. Non mangi? “sei monello però!”.

Cresciamo con un sistema inizialmente dicotomico di valutazione: caldo-freddo, bello-brutto, buono-cattivo etc…Poi col tempo si affina la scala di valutazione, con la scuola ne apprendiamo una su 10 punti e poi una più granulare con l’uso della moneta in relazione ai costi delle “cose”.

Spesso associamo la metrica della valùta al costo di un prodotto, di un servizio. Difficilmente lo associamo al valore nelle sue varie declinazioni. Eppure, la valùta serve a vàlutare il valore (il giro di parole è volùto 😉 il valore di quel prodotto o quel servizio.

Questo meccanismo si consolida in un modo così forte che poi dobbiamo compiere sforzi rilevanti quando ci occupiamo di affari nel definire la “value proposition”. Qual è la proposta di valore che diamo quando offriamo un bene o un servizio?

Value for money

Gli inglesi dicono “value for money” quindi cercano di rafforzare il concetto che lo scambio di valùta è proprio per il valore che si riceve.

Quindi se proponiamo o vendiamo, cerchiamo di posizionare un valore, altresì quando acquisiamo o acquistiamo consideriamo più facilmente il concetto di costo. Ovviamente il valore è un beneficio, il costo una perdita. Con questo comportamento attuiamo un processo semplificativo di associazione diretta di denaro per prodotto/servizio.

Diventa facile l’equazione che porta ad associare un risultato, come ad esempio un acquisto con il corrispettivo monetario, come un voto rispetto al risultato di un esame; è immediato, siamo educati dalla nascita a questo per l’appunto!

Questo processo porta ad una inesorabile caduta verso il “tutto ha un prezzo”.

Anche quando ci sforziamo di valutare un effetto quindi lo classifichiamo con una sintesi numerica, spesso in €, alternativamente con i voti da 1 a 10 etc…

La consapevolezza

Cosa succede invece quando riceviamo qualcosa di inaspettato? Spesso si dice “a caval donato non si guarda in bocca”, si prende per quello che è. Quanto vale quindi il “cavallo donato”? Sulla base di cosa apprezziamo, soppesiamo, valutiamo l’effetto benefico che ci ha fornito?

Che cosa sentiamo? Soddisfazione, gioia, gratitudine, appagamento, tutto ciò difficilmente può avere un punteggio. Possiamo dire gioia 8, gradimento 7 e così via?

Se impariamo a sentire questi effetti e a riconoscerli nel beneficio che danno allora siamo sulla buona strada verso la #consapevolezza.

La consapevolezza è l’apprendimento più importante per comprendere il valore delle “cose”, persino di noi stessi. La consapevolezza serve per NON semplificare e sintetizzare aspetti che sono complessi per natura a cui oltretutto non si addice una sintesi.

Quando profiliamo il valore di una persona che è un “sistema complesso” non diciamo “Giuseppe è 7”, ma inconsciamente grazie alla consapevolezza le varie caratteristiche altrui comparate alle proprie, aiutano a creare un profilo. Il processo è #complesso, la valutazione passa per la consapevolezza.

Il dono

Proviamo ad immaginare adesso di aver ricevuto un dono, ricordiamo a “caval donato…” e questo lo abbiamo ricevuto già alla nascita e continuiamo a riceverlo ogni giorno. Qual è questo dono? Immagino ve lo stiate chiedendo? È l’aria che respiriamo, è l’ossigeno che ci fa vivere. Chi ne ha consapevolezza?

Abbiamo detto che il riconoscimento del valore passa dalla consapevolezza, quindi adesso che ne stiamo avendo, cosa sentiamo? Questo è il passaggio fondamentale.

Quanto vale per noi l’ossigeno che respiriamo? E se non ce ne fosse abbastanza perché la CO2 (anidride carbonica) che generiamo è maggiore della capacità di trasformarla in Ossigeno? Chi si occupa di compiere questa trasformazione insieme al mitigare gli impatti di aumento della temperatura, al consolidare i terreni?

Le piante! Gli #alberi in particolar modo.

Consapevolezza, la richiamiamo in gioco. Da quando siamo nati ogni giorno riceviamo in dono O2 (Ossigeno) per mezzo del quale #viviamo.

            Il nostro vivere però crea impatti sulla capacità di avere ossigeno a sufficienza e altri danni, la CO2 che abbiamo emesso nell’atmosfera ristagna per 10.000 anni e dal 1870 circa (dalla rivoluzione industriale è stata una escalation).

Probabilmente ci dimentichiamo e diamo per scontato che viviamo e respiriamo e questo è naturale che sia così, è addirittura dovuto perché siamo nati e siamo vivi!

Mi spiace, ma non è giusto, o meglio non è sano!

Non lo è certamente se oltretutto mettiamo a rischio la vita, se rendiamo il pianeta non più #sostenibile. Oggi in Italia viviamo con un impatto di “impronta carbonica” del 404%, avremmo bisogno di 4 “italie” per vivere come stiamo facendo attualmente.

Quanto vale quello che abbiamo?

Quanto vale investire per garantire la sostenibilità della nostra vita e delle generazioni future?

Possiamo incominciare le nostre giornate cercando di focalizzarci su questo valore #essenziale?

Impareremo così a valutare addirittura in modo oggettivo ciò che spesso neanche consideriamo, ciò a cui neanche diamo un senso di “scontatezza” è addirittura al di sotto della soglia dello scontato. Ci possiamo rendere conto di un fenomeno atmosferico, di una pioggia, del vento, ma mai del fatto che stiamo respirando la forza vitale e che la stiamo man mano riducendo.

La gratitudine non ci basterà più, sentiremo il bisogno del “#giveback” del restituire qualcosa, sarà il momento in cui diventeremo sostenibili.

Sarà una #riEvoluzione!

Giuseppe Gagliano

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